Insideout woman
Perfomance di self body painting accompagnata da momenti di recitazione e dalla musica che sottolinea e narra insieme al gesto, all’immagine ed alla parola. Inizio dipingendomi sul volto Biancaneve e Barbie anche grazie al suggerimento del mio compagno di scena che interpreta il ruolo di colui che inculca cliché repressivi per meglio controllare il femminile. La storia di una donna, dunque, del condizionamento sociale e della scelta di uscire dal condizionamento ricongiungendosi ad una natura più autentica e ricercando l’identità biologica all’insegna dell’evoluzione. Non appena il compagno si allontana inizio a riscoprire la mia autentica natura femminile e creativa, dipingendomi sul cuore il volto di Frida Kahlo, sul ventre un bambino e nelle gambe rami di alberi. Ricerca dunque di ciò che si cela oltre ai “sarebbe bene” ed a come dovrebbe essere e a come dovremmo essere per compiacere l’altro ed il mondo che ci vuole in un determinato modo. Ricerca di una verità più autentica, ricerca della propria autentica voce.
Con Claudia Rordorf, Gianluca Soren, Dj Pulsar
Questo lavoro performativo nasce dalla riflessione sul condizionamento religioso che porta la donna a provare sensi di colpa e senso di inadeguatezza rispetto alla propria autentica essenza. Da un lato mi raffiguro come Eva, vista dunque come la colpevole di tanta tentazione e dannazione per l’uomo, dall’altra mi rivesto di simboli religiosi, una maternità ed un candelabro a dire delle due religioni cattolica ed ebraica che tendono a sottomettere il femminile. Ma al centro mi pongo come una donna che si libera dei condizionamenti e si mette al centro della propria vita senza sensi di colpa né esitazioni.
Il progetto è nato in collaborazione con il fotografo Luca Meola.
Femminilità
Tre grandi tele a loro volta frammentate perchè mi sentivo così, composita, fatta di tante parti differenti, esigenze diverse, luci ed ombre. Erano grandi tele e tutto il lavoro verteva sui toni dei marroni, per l’ovvio collegamento del femminile alla terra ma anche perchè non ero definita, non sapevo bene cosa facevo, chi ero e il marrone è il colore dell’incertezza. La prima composizione: un grande vaso e tre vasi più piccoli là accanto: Il femminile come accoglienza.
La seconda: un porta abiti, che poteva ricordare uno scheletro bianco e vicino tre tele più piccole con un coltello, un bottone strappato e lasciato a terra, una forbice: la femminilità come durezza , violenza e rabbia.
La terza: una grande veste bianca in volo e tre più piccole: Femminilità come abbandono e mutevolezza perchè quella era l’immagine della zia che mi aveva abbandonato nel suo volo noturno moltissimi anni addietro.
Al centro della sala posizionammo una tela che raffigurava una voragine nella terra, una sorta di tomba. Lungo i bordi della bara dipinsi una scarpa rossa, femminile lasciata cadere a terra, un cappello, dalle larghe falde, dei sassolini, fili d’erba qua e là, e un piccolo fiore bianco. Disposi dei sassi reali là vicino e chiesi a chi venne di compiere un rito con me: dopo essere saliti su una scala, lanciare un sasso nella terra e abbandonare una parte di sè ormai inutile, un vecchio atteggiamento, credenze ormai in disuso, a simboleggiare il passaggio e l’abbandono di ciò che non era più necessario. Poi posizionammo appese ad una delle pareti una veste bianca e ai suoi piedi una vecchia valigia per dire del nuovo viaggio che si delineava e della mia partenza ormai alle porte.