Anni fa in un mio personale momento di profonda crisi e trasformazione, ho ritrovato a Deruta, la forma stilizzata di una donnina campanella in terracotta e l’ho decorata, dandole un nome, la sciura Fedora. “La sciura” per darle la mia parte di provenienza nordica, Fedora era invece il nome di una curandera umbra, esperta di tutte le arti necessarie per accudire una comunità, che aveva vissuto là dove vivevo io in quel momento. Poi ho cominciato a giocarci per puro divertimento portandola in giro e fotografandola in contesti diversi, sempre in viaggio. Questo iniziale movimento ha generato in me nuova creatività e voglia di ricominciare. Così Fedora ha significato il riaccendersi del sorriso e di molti sogni. Lei è diventata dunque simbolo di rinascita femminile. Ho poi scoperto il nesso che questa forma stilizzata, che proviene dal sud dell’Italia, ha con le statuette votive che raffigurano la dea Madre e che ci parlano di un tempo in cui vigeva il matriarcato, un tempo in cui la donna era sacra e veniva trattata con il massimo rispetto.